Hanno fatto bene Twitter, Facebook, YouTube, Google, etc… a cancellare gli account social di Donald Trump?
La risposta è complessa.
E lo è perché i fattori da considerare sono tanti:
- i principali social media sono aziende private e come tali libere di pensare e agire per se stesse
- anche se aziende private, la loro funzione pubblica è indiscussa
- Trump non è un semplice cittadino ma il Presidente degli Stati Uniti e solamente su Twitter ha (aveva!) 88 milioni di follower
- la moderazione dei contenuti social risulta un’attività molto complessa e con troppe zone grigie, tuttavia le aziende si sono mosse poco e male in questi anni
- gli algoritmi (quell’insieme di fattori che decide quali post mostrare e a quali persone) possono essere un ostacolo per una corretta dieta mediatica
- ad oggi non esiste una legislazione (nazionale e/o internazionale) che normi il potere, per le poche piattaforme social, di condizionare la conversazione pubblica
- (in ultimo, ma non per importanza) finora il bello della rete è stato quello di un luogo nato libero, dove ciascuno può esprimere la propria opinione.
Dopo questo lungo elenco, al quale si possono ancora aggiungere tantissime voci, l’unica cosa di cui siamo certi è che questi episodi hanno obbligato semplici utenti, esperti del settore, studiosi, giornalisti e politici a iniziare una riflessione strutturata sul tema delle conseguenze della violenza verbale online e della diffusione delle fake news.
Le posizioni attualmente sono molto variegate ed è per questo che abbiamo voluto raccogliere alcune di quelle che, a nostro parere, aggiungono un pezzettino al puzzle molto complicato della questione.
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