Internet è entrato gradualmente nelle nostre vite, ma con il passare del tempo ha rivoluzionato il nostro modo di interagire con gli altri (e financo con noi stessi). È divenuto il principale mezzo di comunicazione di massa, stravolgendo i processi comunicativi e introducendo nuove forme di partecipazione.
L’uso delle tecnologie ha anche cambiato la gestione e il trattamento dell’informazione, con modalità inedite di elaborazione e diffusione della stessa: l’enciclopedia più grande mai scritta – Wikipedia – è infatti online, e sfrutta il carattere partecipativo del Web e gli UGC, ovvero i contenuti generati dagli utenti, per diffondere la conoscenza “ad ogni singola persona sul pianeta nella sua propria lingua”, come ci ricorda il co-fondatore del progetto Wikipedia Jimmy Wales.
La Rete ha accelerato il progresso e rivoluzionato l’economia. Ha apportato innovazione, estendendosi alle cose e ai luoghi concreti con l’evoluzione dell’Internet of Things, che connette gli oggetti di uso comune nel tentativo di semplificare la routine e sviluppare un ambiente sostenibile. Ma al Web si deve pure lo sviluppo di un nuovo modello economico basato sulla condivisione, o sharing economy, che, se da un lato ha impattato le relazioni di produzione e consumo di prodotti e servizi, dall’altro ha introdotto nuovi modelli di gestione di domanda e offerta di lavoro: dai servizi di online recruitment alla uberizzazione, cioè il passaggio dalle prestazioni continuative tradizionali alle attività on demand.
Il flusso di dati prodotto in tempo reale dalla Rete è quindi incommensurabile. Ma porta con sé anche costi: di fronte a questa varietà di stimoli, l’utente può finire in una sorta di sovraccarico conoscitivo, o information overload, un fenomeno che, in mancanza di un filtro accurato ed autorevole in questo mare di informazioni, è spesso direttamente connesso alla disinformazione, o fake news, come va di moda dire ultimamente. D’altra parte, l’accesso non autorizzato e l’uso improprio dei dati è alla base dello sviluppo di un nuovo tipo di crimine, il cybercrime, che abbraccia una ampia gamma di attività: dallo spam al cyberbullismo, fino alla frode e al terrorismo.
Insomma, Internet è una consuetudine, una esperienza quotidiana dal doppio volto: promuove l’informazione, ma anche la disinformazione; ha un carattere partecipativo, ma anche esclusorio; è innovazione e progresso, ma anche fonte di rischi.
A mostrarci quale dei due volti prevalga nell’attuale immaginario comune sono i risultati che di una analisi realizzata che, come, VOICES from the Blogs, spin-off dell’Università degli Studi di Milano, abbiamo condotto su oltre 70mila tweet che discutevano esplicitamente di Internet e dei suoi prodotti, dalla sharing economy ai big data, dalle risorse Wiki al cybercrime.
Dai risultati emerge una prevalenza di utenti con una visione ottimista della Rete (58%), contro una minoranza non trascurabile (42%) che ne ha una visione pessimista. Insomma, anche qua, il “doppio volto” della Rete ritorna. Internet viene principalmente considerato uno strumento funzionale a produrre ricchezza (65%), sebbene una grossa fetta di scetticismo derivi dalla preoccupazione per la tutela dei minori (72%).
Interessante è il dato relativo al binomio informazione/disinformazione. In termini assoluti, si nota una chiara prevalenza di commenti sull’importanza del Web come strumento di circolazione di notizie (15%), più che come divulgatore di fake news (5%). Insomma, nonostante occupino un posto centrale nel dibattito pubblico, le bufale non si pongono (ancora?) ai primi posti tra le preoccupazioni degli utenti. Piuttosto, in cima alla classifica delle ragioni del pessimismo verso i sotto-prodotti della Rete, spuntano quasi sempre la privacy o la sicurezza, e il timore di attacchi informatici ricorre in buona parte dei servizi analizzati.
D’altra parte, un punto a favore di Internet è dato dal senso di comunità che crea: in questo senso l’aspetto fondamentale delle risorse Wiki, ovvero la sua cultura partecipativa orientata alla condivisione della conoscenza, che si traduce tanto in scambio di contenuti informazionali quanto in collaborazioni dirette alla ricerca di contributi economici di supporto alla piattaforma, risulta tra gli aspetti più apprezzati. In aggiunta, il carattere comunitario è riconosciuto come punto di forza sia dei vari prodotti della sharing economy che della lotta al cybercrime. A questo ultimo riguardo, quel che più preoccupa dei crimini informatici sono le implicazioni psicologiche che ne derivano: nel caso del cyberbullismo, tali implicazioni sono connesse ad un sentimento di emarginazione, per cui la preoccupazione che emerge è che un individuo tenda a vivere il proprio disagio in condizioni di solitudine.
Per finire, se è vero che l’accesso alla Rete è libero, è altrettanto vero che questo non esclude utilizzi “poco ortodossi” del mezzo. C’è così chi ritiene necessaria una limitazione, una forma di tutela che protegga i fruitori e condanni i trasgressori. Ma anche qua, la percentuale di utenti ottimisti suggerisce una visione tendenzialmente più positiva di Internet, visto principalmente come “bene comune”.
Insomma, tra informazione e disinformazione, partecipazione ed esclusione, è il volto innovativo e progressista che sembrerebbe ancora prevalere su quello vulnerabile e fonte di rischi. Verità alternative permettendo, ovviamente.