Le parole siamo noi

Le parole siamo noi. Raccontano la nostra storia, dicono da dove veniamo e dove andiamo. Spiegano il tipo di persone che abbiamo scelto di essere o siamo stati costretti a diventare. Siamo intrisi di parole e spesso ne siamo sopraffatti. Ci si incontra meno, non si sta come una volta in mezzo agli altri eppure nel nostro mondo si scrive e si parla di più. Le parole si sfoggiano, si usano, si lanciano. Feriscono, aiutano, inneggiano. Spesso sono sbagliate. Spesso, soprattutto nel mio lavoro di giornalista di guerra, raccontano bugie, raccontano quello che si vuole fare sentire. E spetta ai giornalisti fare filtro, essere garanzia, rifiutare di adeguarsi alle parole degli altri e ricercare quelle vere. Non accettare niente di meno. Oggi più che mai, è necessario che siano ferme. Solide. Rispettose e soprattutto precise.

La vita degli esseri umani che ci ritroviamo a raccontare a volte nei momenti più tragici della loro esistenza, non ammettono sbavature. È nella parola che passa da loro a me che giace un tesoro destinato ai lettori. Le parole che scoviamo, cerchiamo, a volte rubiamo, sono un impegno verso queste persone. Sono una promessa perché certe cose non accadano più. A volte si rischia, si mette in gioco la propria sicurezza, si sfidano i propri limiti per trovare le parole giuste, ma ce n’è una che sta sempre lì in agguato e uccide più di qualunque arma. Ed è la parola “indifferenza”, contro la quale combatto ogni giorno, armata di penna e di voce.

Ma l’indifferenza è un buco nero che inghiottisce tutto, a volte anche me, e io mi sforzo di graffiare l’anima della gente, arranco cercando di raccontare un mondo in macerie che nessuno vuole vedere. Basta una parola – indifferenza – e io mi perdo, finisco, chiudo. Sono sconfitta. Niente di tutto quello che faccio ha senso, nessuna di quelle vite sacrificate avrà il posto che merita di fronte a quel muro che è il più grande di tutti, che sbaraglia qualsiasi cosa, che ci ferma, ci blocca, ci travolge e ci incatena.

Dopo la seconda guerra mondiale c’era una parola che suonava come un monito ed era “mai”, mai più. E invece eccoci, in un mondo e in un tempo che si ripete. E dove i discorsi, gli scambi, i gesti, diventano ogni giorno più violenti. Ma come portatrice sana di storie, le mie parole sono e restano una promessa fatta a persone lontane migliaia di chilometri, fino a che avrò le dita per scrivere e un po’ di voce per parlare: “io vi racconterò”. E fino a che avrò un respiro, ogni mia parola sarà un chiodo che si conficca in quel muro.

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