Come è cambiato il linguaggio con i social
Creator, Delulu, Demure, POV e Slayare.
Quante di queste parole conosci?
Se hai risposto almeno a tre, potresti:
- far parte della Gen Z;
- avere un rapporto quotidiano e attento con i contenuti di TikTok.
Sono infatti le cinque parole che quest’anno entrano ufficialmente nel vocabolario Treccani, portate alla ribalta proprio dalla piattaforma TikTok.
Cosa vogliono dire?
Ce lo facciamo spiegare direttamente dai “creator”, ovvero
"Persona che, per mestiere o per passione, crea e pubblica contenuti originali e innovativi, principalmente video, da destinare alle piattaforme digitali” Il nostro linguaggio è cambiato da quando utilizziamo i social media? A rispondere è uno studio del Centro di Data Science and Complexity for Society dell'Università La Sapienza di Roma, pubblicato sulla rivista Pnas.
La ricerca si è concentrata sulla ricchezza del vocabolario degli utenti e sulle loro attività online, analizzando ben 34 anni di interazioni linguistiche. Come? Grazie a un dataset gigantesco: 300 milioni di commenti in inglese raccolti su otto piattaforme (Facebook, Twitter-X, Gab, Reddit, Telegram, Usenet, Voast e YouTube), tracciando l’evoluzione dal 1990 a oggi.
Scrive l’ANSA:
“ll quadro che emerge è che sui social si sta verificando un processo di semplificazione linguistica che si manifesta in diversi modi tra cui una ridotta ricchezza lessicale e commenti di lunghezza più breve. La maggior parte degli utenti, ad esempio, utilizza fino a 10 parole uniche indicando così una dimensione lessicale modesta. Parallelamente, però, i ricercatori hanno analizzato l'introduzione di parole nuove. E hanno osservato che, nonostante la semplificazione generale, si continuano a introdurre neologismi ad un ritmo stabile. A dimostrazione di come il linguaggio rimanga dinamico anche in un contesto di impoverimento lessicale.” Ti dice qualcosa la “lingua TikTok”?
Continua sempre l’ANSA:
“L’evoluzione del linguaggio è solo in parte influenzata dall'uso dei social. Piuttosto, sembra che l'utilizzo sempre più costante di abbreviazioni, così come di hashtag ed emoticon, sia figlio di un cambiamento già in atto, accelerato dalla globalizzazione digitale. E riflettono piuttosto un aspetto più ampio del comportamento umano, un fenomeno universale legato a dinamiche sociali più ampie come quando due lingue si incontrano e da queste ibridazioni nascono idiomi unici. Lo stesso processo di semplificazione - è il parallelo che fa la ricerca - che si è verificato nel lingue romanze rispetto al latino da cui derivano” “A scuola non insegnano più nulla!”
“Ai miei tempi si studiava davvero, ora sono tutti progetti e progettini”
Gli ultimi dati OCSE sfatano alcuni pregiudizi sulle competenze degli italiani. La ricerca, che ha analizzato abilità fondamentali come comprensione del testo, calcolo e problem solving tra adulti dai 16 ai 65 anni, mostra che i giovani italiani (16-24 anni) ottengono risultati migliori rispetto alla media nazionale, probabilmente grazie a un’istruzione più recente.
Tuttavia, gli adulti italiani in generale risultano sotto la media rispetto ai 31 Paesi analizzati, piazzandosi ultimi tra le grandi economie industrializzate, con punteggi particolarmente bassi nel problem solving, a livello 1 o inferiore.
Risultato? La nostra penisola è ultima tra i grandi Paesi industrializzati.
Cosa vogliono dire concretamente questi numeri?
Come sottolinea il 'Programme for the International Assessment of Adult Competencies' “le competenze sono fondamentali per partecipare con successo all'economia e alla società odierna e tanto più necessarie di fronte alla rapida evoluzione tecnologica, alle sfide della transizione energetica e dell'invecchiamento demografico. Gli adulti con le competenze più alte riescono a gestire meglio le complessità della vita contemporanea, ad orientarsi nella massa delle informazioni e contribuiscono al raggiungimento di decisioni e politiche più consapevoli.”