Protesta Police Brutality

Scopri se hai fatto slacktivism 😳

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03/06/24

Immagine header il Megafono giallo
Ciao!
Oggi ti raccontiamo di due parole, un’emoji e un modo di ascoltare musica che non esiste più.

La prima parola

È la parola “slacktivism”.
Nasce dalla fusione delle parole "slacker" (fannullone) e "activism" (attivismo) e si riferisce a quelle azioni fatte sui social (like, condivisioni, utilizzo di hashtag, ecc... ) che, pur sembrando forme di attivismo, richiedono un impegno minimo e, di conseguenza, producono un impatto limitato.

Si tratta, insomma, di una forma di partecipazione che può dare l'illusione di contribuire a una causa senza però portare a cambiamenti tangibili.
Una situazione che crea un'ambivalenza che porta con sé due conseguenze altrettanto contrapposte:
  • Può aiutare a diffondere informazioni rapidamente e raggiungere un vasto pubblico. È un primo passo per coinvolgere persone che altrimenti non sarebbero attive.
  • Può creare un falso senso di realizzazione, scoraggiando azioni più incisive e impegnative come il volontariato, le donazioni o la partecipazione a manifestazioni.
Perché oggi abbiamo voluto parlarti di questa parola? Perché nei giorni scorsi si è molto parlato dell’immagine qui sotto.
Immagine generata con intelligenza artificiale All eyes on Rafah
Se hai un account social, nello specifico Instagram, quasi sicuramente l’hai vista condivisa da moltissimi profili che segui (sì, anche il nostro profilo ufficiale lo ha fatto), quindi puoi saltare il box e andare al paragrafo successivo.
Se, invece, non sai di cosa stiamo parlando ti lasciamo qui sotto una breve sintesi.
"All eyes on Rafah" è un'immagine creata da un fotografo malese con l'AI, per aggirare le penalizzazioni dell'algoritmo verso fotografie di guerra e violenza e attirare l'attenzione su ciò che sta accadendo nella Striscia di Gaza. L'immagine è stata concepita con un intento lodevole e ha raggiunto numeri impressionanti: al momento ha ottenuto oltre 45 milioni di repost, traducendosi in una visibilità straordinaria.
Perché si chiede proprio di guardare a Rafah? Questa città di confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto era considerata un rifugio al riparo dall'offensiva israeliana, anche se da settimane l'IDF (forze di difesa israeliane) minacciava di attaccarla e questo tema era stato frutto di moniti internazionali e negoziati poi falliti. Il 27 maggio l’esercito israeliano ha bombardato l’area, innescando anche un incendio tra le tendopoli, uccidendo almeno 45 sfollati tra cui donne e bambini.
Abbiamo parlato di “slacktivism” perché è l’accusa che è scaturita verso chi ha condiviso questa immagine. I contenuti principali si possono sintetizzare in queste due domande:
  • Non rischiamo di chiudere frettolosamente la questione col benessere fittizio e l’assoluzione morale istantanea di un gesto simbolico?
  • Perché condividere un'immagine artificiale, che allena l'algoritmo a considerare questi artefatti come "virali", quando ci sono milioni di fotografie e video autentici pubblicati da persone sul luogo e dai pochi reporter che possono documentare la reale situazione del popolo palestinese?
Se queste domande partono da presupposti di verità, la riflessione che vogliamo aggiungere è che:
  • Un'immagine semplice che chiarisce un tema importante è vantaggiosa perché facilita la discussione. Le immagini reali della violenza a Gaza sono difficili da gestire emotivamente e non diventerebbero mai virali. Il rischio è che, per evitare di guardare, ci dimentichiamo del problema.
  • Forse non si tratta di un'azione che fermerà l'escalation di atrocità, ma il fatto che milioni di persone siano d'accordo sulla stessa questione indica che, per la prima volta, si sono sentite unite su questo tema.

L’emoji

Hai notato che in questo periodo l'emoji dell'anguria "🍉" si sta diffondendo sempre di più sui social network come TikTok, Instagram, Facebook, ecc… ?
Ha un significato molto preciso e per questo abbiamo chiesto a Rosanna Maryam Sirignano, esperta in Studi arabo-islamici - di spiegarcelo.

"Nel 1967, dopo la Guerra dei Sei Giorni, Israele proibì l'esposizione della bandiera palestinese, un divieto che perdurò fino agli accordi di Oslo nel 1993. I palestinesi, con creatività e determinazione, iniziarono a disegnare, dipingere e scolpire angurie, perché i colori verde e bianco della buccia, rosso della polpa e nero dei noccioli ricordano quelli della bandiera palestinese. Dal 7 ottobre, vista la frequenza degli shadow ban e dei blocchi di account a tema Palestina, gli utenti, soprattutto palestinesi, hanno cominciato a usare l'emoticon dell'anguria per aggirare l'ostacolo. Nel corso dei mesi, usare questa immagine è diventato non solo un simbolo di solidarietà al popolo palestinese e di denuncia del genocidio in corso, ma anche un simbolo di resistenza e di opposizione a ogni forma di censura.”

La seconda parola

“Swifties, preparatevi a guardare la F1”

“I milioni di “swifties” che fanno girare il mondo”

“L'università di Glasgow ha creato un corso per aspiranti "Swifties"”

Questi sono solo tre dei tanti articoli che girano in Rete e dedicati agli e alle “Swifties”. Se stai provando confusione e smarrimento non preoccuparti, ti aiutiamo noi a capirci qualcosa.
Essere uno o una "Swiftie", quindi, significa apprezzare la musica di Taylor Swift, seguire la sua carriera e partecipare attivamente alla sua community di fan. Il termine è nato spontaneamente dalla fanbase stessa e si è diffuso ampiamente online e nella cultura popolare. Ovviamente non è soltanto un termine, ma racconta di una community enorme che oltre a condividere una passione ha una grande capacità di creare un senso di comunità e di supporto reciproco.
Aspetta, aspetta… non sai chi è Taylor Swift?
Se vuoi recuperare un po’ di informazioni sulla cantante più famosa del pianeta ti lasciamo qui un paio di articoli di approfondimento:

Un modo di ascoltare musica che non esiste più

Era l’inizio di giugno del 1999 quando il mondo della musica e il modo di ascoltare musica sono cambiati per sempre. Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario della nascita di Napster.

Se hai meno di 35 anni circa o più di 50 non sai di cosa stiamo parlando. Già, perché Napster è stato un fenomeno strettamente generazionale che ha però cambiato il modo di fruire della musica.

Cos’è stato Napster
“Era il primo sistema peer-to-peer per la condivisione di file, mp3 musicali principalmente. Napster era un po’ come avere a disposizione un intero negozio di musica, dove le canzoni invece che sugli scaffali si trovano sui computer degli utenti del programma, cui si aveva accesso passando da una server centrale. Tutto completamente gratis.” scrive Wired.

“L’impatto sociale e culturale di Napster fu immediato. Il programma si diffuse inizialmente nei campus universitari statunitensi, che avevano da poco cominciato a mettere a disposizione degli studenti connessioni a internet affidabili e gratuite: secondo alcune stime, nell’arco di un anno, un quarto di tutta la banda di rete nelle università americane veniva utilizzata per condividere musica su Napster. Nell’ottobre del 1999 lo usavano già 150mila persone. Al suo apice, nel 2001, si stima che gli utenti fossero 80 milioni.” - Il Post.

In pochissimo tempo il servizio di file sharing fu costretto a ridimensionarsi in quanto la condivisione illegale di brani musicali protetti da copyright, ha attirato numerose cause legali da parte dell'industria musicale, tanto che nel 2001 (3 anni dalla nascita), un tribunale ordinò la chiusura dei server di Napster per la ripetuta violazione del copyright.

Una storia breve ma intensa che ci abituò alla possibilità di ascoltare tutta la musica che volevamo quando volevamo.
Ti dice nulla Spotify?

Sottoscrizioni

La nostra presidente Rosy Russo a Pescara per la firma del Manifesto da parte di Fater
La famiglia di Parole O_Stili si allarga ancora di più con l'arrivo di Fater, ovvero la casa madre di brand come Pampers, Lines, Tampax e ACE.
Siamo stati a Pescara per un incontro formativo e per la sottoscrizione ufficiale del Manifesto della comunicazione non ostile.
Un momento di grande energia e confronto che è culminato con l'inaugurazione dell'allestimento a tema Parole O_Stili di alcuni spazi del Campus e delle sedi in UK, Portogallo e Turchia.
Parole O_Stili

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6 giugno
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Continua il nostro percorso con i collaboratori e le collaboratrici di NTT Data. Titolo dell'incontro di questa settimana "Cattivo maestro smartphone? Luci e ombre sulla vita digitale dei più piccoli".
Maglietta con stampa dei singoli principi del Manifesto
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