E proprio la Generazione Z (ovvero chi è nato circa tra il 1997 e il 2012) è la protagonista di queste Olimpiadi a Parigi, con un nuovo modo di pensare e di vivere lo sport. Li vediamo accogliere felici i loro risultati sportivi, anche quando non sono da podio. Ce l’ha fatto vedere la nuotatrice Benedetta Pilato che per un centesimo non si è classificata quarta nella gara dei 100 rana, ce l’ha raccontato Filippo Macchi, argento nel fioretto individuale e a squadre, che sul suo profilo Instagram ha scritto: “Torno a casa con una bellissima medaglia d’argento ma che mi lascia ad una stoccata dal famoso “obiettivo di ogni atleta". Ne ho sentite di ogni, ti hanno derubato, arbitraggio scandaloso, è una vergogna. Eppure a me viene da dire che sono proprio un ragazzo fortunato”.
Queste Olimpiadi, inoltre, stanno offrendo una nuova prospettiva, quella del dietro le quinte. Molti atleti e atlete stanno condividendo contenuti che mostrano un volto diverso della competizione.
Tra gli sportivi più amati dalla GenZ ci sono Jasmine Paolini, che ha conquistato l'oro nel doppio di tennis con Sara Errani, e Simone Biles, la ginnasta statunitense che ha già vinto tre ori a Parigi. Non mancano nemmeno i riflettori su Victor Wembanyama, il cestista francese professionista nella NBA, e Mattia Furlani, la stella italiana del salto in lungo.
È sempre colpa dei social?
La Turchia dal 2 agosto ha bloccato l’accesso a Instagram su tutto il territorio nazionale.
Il motivo? “La decisione è stata annunciata sul sito web dall’autorità turca per le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (Btk), che non ha fornito alcuna spiegazione. Il direttore delle comunicazioni della presidenza turca, Fahrettin Altun, ha criticato duramente la piattaforma il 2 agosto, sostenendo che “impedisce alle persone di pubblicare messaggi di condoglianze per il martirio di Ismaïl Haniyeh (leader di Hamas)”, che sarà sepolto in Qatar.”
Alcune settimane prima anche la regione del Punjab, in Pakistan, ha chiesto al governo la sospensione sul proprio territorio di tutti i principali social network per sei giorni.
L’obiettivo è di impedire la diffusione di fake news e incitamento all’odio durante la ricorrenza dell’Ashura, una festività celebrata sia dalla maggioranza sunnita sia dalla minoranza sciita per la quale è un giorno di lutto e, talvolta, di violenze e intimidazioni.
È possibile agire sui social in questo modo? La Corte Suprema degli Stati Uniti ha scelto di non rispondere a questa domanda durante il caso 'Murthy, Surgeon General, et al. contro Missouri, et al.' Questo processo accusava il governo statunitense di violare il Primo Emendamento della Costituzione, sostenendo che aveva esercitato pressioni sulle piattaforme social per censurare post considerati disinformativi.
È sempre colpa dei social?
“Il Megafono giallo” si prende una pausa estiva e torna sempre più ricco di novità lunedì 2 settembre.