Ciao!
Apriamo questo numero della newsletter con una notizia che da diverse settimane sta alimentando il dibattito su social media e adolescenti. La vicenda si sta svolgendo negli Stati Uniti ma riguarda da vicino tutti noi.
Cosa sta accadendo.Un’ex collaboratrice di
Facebook ha consegnato al
Wall Street Journal una serie di documenti che raccontano come il famoso social media abbia, in più occasioni, privilegiato l’obiettivo dei profitti piuttosto che temi come la lotta alla disinformazione o la salvaguardia dei minori.
Nello specifico su quest’ultimo punto: alcuni mesi fa Facebook ha commissionato uno studio i cui dati evidenziano come
l’utilizzo di Instagram (di proprietà dell’azienda dal pollice blu) tra i giovanissimi
acuisca i problemi connessi al proprio aspetto fisico. Nonostante questi dati, lo studio non era però stato reso pubblico.
Con le rilevazioni del Wall Street Journal, il quale sta pubblicando
un articolato reportage che si chiama “Facebook Files”, il
dibattito su social e adolescenti è tornato al centro dell’attenzione.
Qual è la novitàInnanzitutto le dirette responsabilità di un’azienda grande e ramificata come Facebook.
Responsabilità mancate che vanno ad aggiungersi ad altre, per esempio quelle del famoso
scandalo di Cambridge Analytica.
A queste valutazioni però non possiamo aggiungere quella più evidente:
i social sono uno strumento imprescindibile per i nostri ragazzi e per le nostre ragazze, così come tutti gli ambienti digitali. A fare la differenza però siamo noi adulti e lo possiamo fare in due modi:
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accompagnando i più giovani nella loro vita digitale. Lo abbiamo detto e scritto tante volte ma non ci stancheremo mai di ripeterlo: bisogna conoscere la Rete per stare loro accanto nel migliore dei modi;
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diventando utenti critici, quindi conoscendo quali sono sono le politiche e le scelte di aziende come Facebook che hanno una grossa incidenza nella nostra vita quotidiana.
Attraverso la consapevolezza quindi possiamo svolgere il nostro ruolo di genitori/insegnanti ma anche di
cittadini digitali responsabili. Continuiamo a parlare di social e in qualche modo anche di adolescenti.
Sono oltre
1 miliardo le persone attive su TikTok. È un dato che la piattaforma non aveva ancora superato e che ci dice molto su quali luoghi digitali si stiano consolidando tra le nostre abitudini. La crescita della piattaforma in soli cinque anni è impressionante, soprattutto se comparata al tempo che gli altri social hanno impiegato per arrivare allo stesso traguardo:
Facebook,
Instagram e
YouTube dopo 8 anni mentre
Twitter ancora non c’è arrivato.
«Scimmia di merda».Mi hanno chiamato così.Questi soggetti non c’entrano con lo sport.Vanno identificati e tenuti fuori dagli stadi: per sempre.A scrivere queste parole è
Kalidou Koulibaly, difensore del Napoli e capitano della nazionale di calcio senegalese. Prima, durante e al termine della partita Fiorentina-Napoli che si è giocata ieri, il calciatore è stato vittima di insulti razzisti da parte dei tifosi avversari: lo hanno chiamato “
scimmia” e gli hanno rivolto contro degli ululati, anche mentre veniva intervistato alla fine della partita.
Non è nemmeno la prima volta che
riceve insulti razzisti né che chiede che vengano applicate dalle società sportive delle misure contro chi diffonde linguaggi d’odio negli stadi, come accade anche in altri Paesi.
Per approfondire questa vicenda, ti lasciamo
questo articolo e il principio numero 9 del Manifesto della comunicazione non ostile per lo sport: