Parole ostili gameover: i videogiochi arrivano in azienda e nei musei. Vi spieghiamo perché non sono solo una cosa da ragazzi
I videogiochi sono una delle maggiori industrie del mondo e, con internet, uno dei luoghi d’incontro che hanno anticipato alcuni aspetti dei social network. Attorno ad alcuni titoli si sono sviluppati comportamenti e linguaggi propri, che hanno caratterizzato diverse generazioni, influenzando anche altri canali di comunicazione.
Ma cosa c’è dietro un avatar?
Un guerriero alla conquista di una quest?
A dei giovani che condividono le loro esperienze di gioco attraverso lo streaming?
C’è il linguaggio, la comunicazione ed una maggiore presa di coscienza, da parte di tutti gli attori coinvolti, a prendere mano e tentare di come migliorare quell’ambiente virtuale che è la realtà del nostro tempo libero.
Comprendere per primi cosa significa giocare è il primo passo per entrare in un mondo che a volte può sembrare lontano da noi, ma che in realtà può essere una versione amplificata di quella partita a briscola con la nonna la domenica o il comportamento di una tifoseria allo Stadio Olimpico.
Quanto un avatar può proteggerci?
Quanto è cambiata la comunicazione nel settore videoludico?
Quante volte, aprendo un titolo su console, vi siete trovati spaesati?
Cosa possiamo fare noi per migliorare il nostro campo di gioco?
Il panel vuole provare ad aiutare a comprendere che i terreni di gioco possono essere aspri, ma che sono i giocatori a fare la differenza, a rimettere le zolle di terra a posto, solo per far scorrere il pallone sul campo e fare gol.